12 marzo 2002

 

Gli orrori delle fosse comuni

Nuova testimonianza sulle atrocità delle milizie serbe in Kosovo. Milosevic scarica sull'Uck. Si parla di nuovo di apartheid e forze paramilitari
Ultimo aggiornamento: 12 marzo 2002 h21.50

Nella diciannovesima udienza del processo a carico di Slobodan Milosevic Hizbi Loku ha fornito una testimonianza oculare del massacro degli abitanti del suo villaggio da parte delle milizie serbe. Il secondo testimone della giornata ha invece confermato la situazione di apartheid nei confronti dei kosovari di etnia albanese e la presenza di forze paramilitari, la cui esistenza è stata in più occasioni negata da Slobodan Milosevic.

La testimonianza di Hizbi Loku

Si è conclusa oggi la testimonianza di Hizbi Loku, il testimone dell'accusa che ieri ha dovuto interrompere il suo racconto mentre ricordava l'uccisione del fratello.

Loku ha mostrato alcune foto di fosse comuni scattate dall'OSCE e ha spiegato che i corpi appartenevano a persone del suo villaggio che sono stati fatti esplodere all'interno della fossa dalle milizie serbe.

Le fosse, erano state "scavate dai contadini" del suo villaggio tempo addietro "per cercare l'acqua, che non è stata trovata, poi - ha specificato - sono rimaste aperte".
Le milizie serbe - ha raccontato il teste dell'accusa - hanno gettato le persone nelle fosse". Si trattava di "civili" del suo villaggio. Durante il massacro, Loku ed un piccolo gruppo di persone erano riusciti a mettersi in salvo su una collina poco distante. Da lì hanno osservato la scena, "abbiamo sentito - ha ricordato - una grande esplosione", poi "siamo scappati verso la Macedonia.

Dopo la guerra Loku è tornato in Kosovo e, con i delegati dell'OSCE ha scoperto la fossa in cui erano stati fatti esplodere gli abitanti del suo villaggio.

La difesa ha di nuovo posto la questione della presenza di esponenti dell'Esercito di Liberazione del Kosovo nella zona. "Le fosse - ha chiarito il teste rispondendo alla difesa - non erano usate come deposito di armi". Inoltre, ha osservato il teste, " L'Uck non ha mai operato nel nostro villaggio, in quanto le milizie dell'Uck erano nelle montagne" e non nei centri abitati. L'amicus curiae ha chiesto come era possibile che il testimone avesse visto le milizie serbe gettare le persone nelle fosse fatte dai contadini per l'acqua se c'erano alberi tutto intorno. "Gli alberi erano delle querce e non sono così vicine come sembrerebbe dalla foto, inoltre a marzo non hanno le foglie", ha spiegato il teste dell'accusa


La testimonianza di Bajram Bucaliu

Il secondo teste della giornata ha invece descritto la situazione di apartheid nei confronti dei kosovari di etnia albanese nei posti di lavoro e nella vita civile, chiarendo che "i rapporti tra gli albanesi e i serbi erano cordiali". Bucaliu ha inoltre testimoniato dell'esistenza di milizie paramilitari, affiancate all'esercito regolare e alla polizia serba.

Il teste ha raccontato che dopo il 25 marzo 1999, il giorno successivo all'inizio dei bombardamenti Nato, "agli albanesi è stato impedito di recarsi al lavoro".

Bacaliu ha ricordato che l'esercito regolare "ha occupato il villaggio", in cui viveva, nel Sud del Kosovo, "tra il 3 e il 5 aprile". Lew milizie serbe hanno occupato alcune case. "L'esercito regolare ha bruciato alcune abitazioni. Eravamo molto sorpresi - ha affermato - perché stavano bruciando le case in cui avevano stazionato. Ripeto che nel mio villaggio non c'erano elementi dell'Uck. Quando le case hanno iniziato a bruciare i carri armati hanno attraversato il villaggio".

Dopo l'esercito nel villaggio sono giunte "le forze paramilitari, quando sono arrivati - ha raccontato il teste dell'accusa - hanno occupato il villaggio e hanno imposto il coprifuoco. Era possibile uscire di casa dalle 7 di mattina alle 7 di sera, chiunque avesse voluto lasciare il villaggio avrebbe dovuto chiedere il permesso" alle milizie serbe.

"Alcuni abitanti giovani intorno ai 25 anni sono stati costretti a lavorare dai paramilitari per vari giorni per creare difese per l'attacco Nato".
Il teste ha poi raccontato l'odissea dei profughi verso la Macedonia. "Il 14 aprile siamo stati costretti a lasciare il villaggio".
"Ci hanno preso i soldi e i veicoli, ma abbiamo sempre protestato, quando [le milizie serbe] hanno iniziato ad uccidere, siamo andati via per salvare le nostre vite"


by Valentina Cosimati
pubblicato su RadioRadicale.it
Roma, 12 marzo 2002

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