24 aprile 2002

 

Milosevic, sono in isolamento

Controinterrogati quattro testimoni diretti delle violenze in Kosovo, tra cui un anziano sopravvissuto per miracolo alla strage di Izbica. Milosevic accusa di essere tenuto in isolamento

L'Aja, 24 aprile 2002

Slobodan Milosevic ha oggi affermato di essere stato "tenuto in isolamento", non ha infatti la possibilità di comunicare agevolmente con i suoi associati per la mancanza di una linea telefonica funzionante.

Proseguono intanto le deposizioni dei «testimoni 92bis». In base alle modifiche apportate all'articolo 92bis nei giorni scorsi, l'accusa presenta le sintesi di alcune testimonianze dirette che vengono accettate come dato statistico dalla Corte. La difesa si riserva comunque il diritto di controinterrogare i testimoni in aula.

Le deposizioni della mattina hanno confermato la presenza di un vero e proprio regime di apartheid instaurato nella regione durante gli anni '90 in particolare per quanto riguarda la situazione di apartheid.
Ha testimoniato inoltre un anziano sopravvissuto per miracolo alla strage di Izbica.

Sheqet Zogaj, civili nel mirino dei serbi

Il giornalista kosovaro Sheqet Zogaj ha raccontato che già dal 1998 in Kosovo vi erano molti rifugiati che hanno lasciato le proprie case in seguito ale violenze da parte delle milizie serbe.
Il teste dell'accusa ha affermato che l'Esercito di Liberazione del Kosovo "proteggeva i civili" dai continui attacchi da parte delle milizie serbe.

"I civili erano continuamente oggetto di attacchi da parte della polizia e dell'esercito serbi" - ha dichiarato il giornalista, specificando che "la situazione era veramente disperata"

Zogaj ha menzionato migliaia di rifugiati e ha confermato che nella regione vigeva un regime di aprtheid che impediva ai kosovari di etnia albanese di proseguire il proprio percorso di studi in albanese. Il teste ha infatti parlato di centinaia e centinaia di studenti costretti a studiare e seguire le lezioni in case private anziché nelle istituzioni pubbliche

Osman Quci, l'esodo dei profughi

Il secondo teste della giornata ha confermato nel controinterrogatorio che in Kosovo vigeva un regime di apartheid nei confronti degli albanesi, anche per quanto riguarda le normali attività economiche quali quelle dei negozi. I negozianti albanesi - ha raccontato il teste - erano vessati dalle tasse e dai continui interventi della polizia.

Quci è un interprete inglese-albanese che ha lavorato per la Kdom e per la missione di controllo dell'OSCE (KVM - Kosovo Verification Mission). A tal proposito, il teste ha raccontato di aver svolto il proprio lavoro in incontri tra KVM e l'Uck.

L'esodo dei profughi è però al centro della deposizione del teste che è fuggito insieme alla sua famiglia dopo il 20 marzo, giorno in cui la KVM si è ritirata dal Kosovo.

"A Prizren i poliziotti e i civili serbi che stavano andando nella direzione opposta a quella del convoglio ad una grande velocità ci urlavano dietro: Andate via, non tornerete mai più, avete chiamato la Nato e ora pagherete per questo", ha ricordato il teste, specificando: "Al confine non siamo stati né insultati né feriti. Siamo stati maltrattati nella strada verso il confine e le milizie serbe hanno chiesto a me, a mio fratello e ad altre persone dei soldi per non ucciderci".

Hadije Fabliu, dal convoglio sparivano le giovani donne

Hadije Fabliu lavorava come commessa in una libreria a Turicevc, un piccolo villaggio abitato da un migliaio di persone. La teste dell'accusa ha rilasciato una deposizione in cui ha raccontato la sua odissea verso l'Albania nel convoglio di profughi.

Il 26 marzo uomini e donne sono stati separati dal convoglio, le donne e bambini hanno proseguito il loro viaggio. Fabliu ha raccontato di aver visto civili uccisi e villaggi date alle fiamme dalle milizie serbe.

La teste ha chiarito inoltre che "molte giovani donne sono sparite dal convoglio".
"Ritengo - ha specificato - che siano state rapite, violentate e uccise".

Fabliu ha inoltre chiarito che "l'Uck non aveva un equipaggiamento sufficiente" per fronteggiare le milizie serbe
"Lei sta asserendo che non erano armati?" - ha chiesto la difesa
"L'Uck - ha risposto la teste - aveva delle armi leggere ma in confronto a quelle serbe erano nulla"

Sadik Jonuzi, sopravvissuto alla strage di Izbica

In conclusione di giornata è stato ascoltato Sadik Jonuzi, un contadino in pensione fortunosamente sopravvissuto alla strage di Izbica in cui sono state uccise decine di civili.

Il 28 marzo 1999 le milizie serbe hanno circondato 5 mila persone che stavano fuggendo dai loro villaggi dati alle fiamme dall'esercito yugoslavo. Gli uomini sono stati separati dalle donne e il gruppo degli uomini è stato ulteriormente suddiviso in due sottogruppi. Il teste era insieme ad una settantina di uomini tra i 14 e i 70 anni d'età, gli ufficiali hanno dato l'ordine di sparare. Il contadino è stato creduto morto e gli ufficiali si sono allontanati dicendo: "Possiamo andare via, abbiamo fatto il nostro lavoro".

by Valentina Cosimati
pubblicato da RadioRadicale.it
L'Aja, 24 aprile 2002

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