08 luglio 2002

 

Vollebaek (capo OSCE): Per Milosevic i profughi kosovari andavano ad un pic-nic

L'ambasciatore norvegese: Milosevic voleva la guerra, sui rifugiati mi ha detto che stavano andando ad una gita fuori porta, tutte le decisioni partivano da lui. L'imputato reagisce gridando nuovamente al complotto internazionale. Miroslav Deronjic a Scheveningen

L'Aja, 8 luglio 2002 - Scintille in aula tra Knut Vollebaek, capo dell'OSCE durante il conflitto in Kosovo, e Slobodan Milosevic. L'ex capo di stato yugoslavo prosegue con la sua linea accusando la Nato, l'OSCE e la comunità internazionale di aver perpetrato un'aggressione contro uno stato sovrano.
L'ambasciatore norvegese rivolge pesantissime accuse all'imputato e sostiene di aver tentato l'impossibile per evitare l'intervento armato.

Milosevic cita Clinton e il Sunday Times, ma Vollebaek ricorda gli incontri con l'ex uomo forte di Belgrado e afferma: "Lei mi ha detto che le migliaia di profughi stavano andando ad un pic-nic". Ed ancora: "Milosevic secondo me voleva la guerra, stava cercando il conflitto armato, voleva la sua piccola guerra".

Ripresa inoltre la deposizione di Shukri Aliu che proseguirà nei prossimi giorni.
Miroslav Deronjic, arrestato ieri dalla S-For, è stato tradotto nella prigione di Scheveningen

Vollebaek: Come si è arrivati all'intervento armato

Knut Vollebaek ha raccontato come si è arrivati all'intervento militare in Kosovo, chiarendo in primo luogo che Racak, pur essendo stato il 'punto di svolta' non è stata la ragione primaria. La decisione di intervenire militarmente è stata presa infatti per una lunga serie di ragioni.

Belgrado prima di Racak non stava rispettando gli accordi, dopo il 15 gennaio il capo della Kosovo Verification Mission, l'ambasciatore Walker, è stato dichiarato persona non grata e il presidente yugoslavo ha chiesto la testa di Walker.

Il capo dell'OSCE ha chiarito a Milosevic che non spettava a lui decidere chi dovesse ricoprire la funzione di capo della KVM e che "Belgrado non poteva decidere di espellere non una persona qualunque - ha evidenziato il teste - ma il capo della missione dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa", tanto più che la Yugoslavia era già stata espulsa dall'OSCE.

"Milosevic riteneva che la reazione dopo Racak fosse stata inappropriata e ci ha detto - ha raccontto il teste durante l'interrogatorio dell'accusa - che avremmo dovuto far rassegnare le dimissioni al capo della KVM, ma gli abbiamo spiegato che non spettava a lui decidere chi dovesse essere a capo della missione".

La comunità internazionale ha tentato di trovare una soluzione pacifica con i negoziati di Dayton, di Rambouillet e di Parigi, ma senza successo.
Con il fallimento dei negoziati di Rambouillet la situazione nella regione "si era andata costantemente deteriorando" fino ad arrivare al paradosso delle forze armate che 'per proteggere' la popolazione civile davano alle fiamme interi villaggi, massacrando civili e costringendo i cittadini kosovari di etnia albanese a fuggire dalle proprie abitazioni per rifugiarsi nei boschi, in Albania o in Macedonia, nonché "distruggendo qualunque documento di identità; perfino il numero di telaio dei trattori".

La pulizia etnica per evitare la formazione di uno stato islamico

La pulizia etnica, pianificata da Belgrado e messa in atto dalle milizie serbe e yugoslave, serviva nella visione di Milosevic - secondo la ricostruzione di Knut Vollebaek - ad "evitare la nascita di una nazione musulmana".
Su questo punto l'imputato ha obiettato che da parte di Belgrado non vi era alcun intento di non far nascere uno stato musulmano ma vi era la ferma intenzione a "non consentire il formarsi di uno stato di estremisti islamici e di muhajeddin in Europa".

Milosevic affermò che il Kosovo non sarebbe stata una nuova PragaNonostante gli sforzi di mediazione della comunità internazionale [cfr. l'udienza in cui Paddy Ashdown ha affermato che l'ex uomo forte di Belgrado era stato ripetutamente avvertito che se avesse continuato con la sua politica sarebbe finito davanti al TPIY] Milosevic, che "decideva tutto", continuava ad avere un atteggiamento arrogante - e da come si comporta in aula non è difficile crederlo - il capo dell'OSCE ha "fatto pressione affinché Milosevic accettase la presenza militare. "Milosevic - ha affermato Vollebaek - non era d'accordo, diceva che il Kosovo era una parte della Serbia e che la presenza di forze militari sul terreno sarebbe stata percepita come un'aggressione; inoltre visto che la Yugoslavia non era più nell'OSCE non avrebbe accettato per alcun motivo e ha detto che sarebbe stato come l'invasione di Praga. Mi ha detto che la Yugoslavia aveva resistito a Stalin e non avrebbe permesso alcuna aggressione ma a mio avviso la nostra presenza non poteva essere in alcun modo paragonata all'invasione russa e agli attacchi alla città di Praga nel 1968"

Milosevic, i profughi? vanno ad un pic-nic

Vollebaek ha raccontato quindi di una serie di incontri avuti con l'allora presidente yugoslavo; in uno di questi il capo dell'OSCE ha fatto presente a Milosevic che in Kosovo migliaia di persone erano state costrette dall'esercito e dalla polizia a lasciare le proprie case su mezzi di fortuna.
"Ero al confine con l'Albania e non ho mai visto in vita mia tanti trattori, colonne interminabili di persone che fuggivano dalle loro case". Vollebaek ha ricordato che dopo aver chiesto spiegazioni a Milosevic su quanto stava accadendo, l'ex uomo forte di Belgrado ha affermato che non si trattava di profughi ma di "persone che andavano fuori porta per un pic-nic"

Dopo lo smantellamento della KVM, Vollebaek ha tentato in extremis di evitare l'intervento NATO e il 24 marzo 1999, poche ore prima dell'inizio dei bombardamenti, ha avuto una conversazione telefonica con Milosevic.

"I negoziati di Parigi erano falliti ed era sempre più evidente che saremmo arrivati al conflitto armato. Cercare di evitarlo - ha raccontato il teste dell'accusa - era nei miei compiti, ho quindi parlato con Solana. Non sapevo esattamente quando ci sarebbe stato il bombardamento ma era chiaro che era vicino".
Durante la telefonata - la stessa in cui Milosevic ha affermato che i rifugiati stavano andando ad un pic-nic - Vollebaek ha cercato di convincere l'allora presidente yugoslavo a dare un segno di resa.
"Mi ha detto che stavo guardando troppa CNN. Secondo lui ero in errore e non c'era alcuna ragione perché lui o il suo governo dovesse cambiare atteggiamento in Kosovo. L'unica cosa che ho potuto dire - ha dichiarato il teste - alla fine della conversazione era che ero ancora nella possibilità di interrompere i bombardamenti se lui avesse cambiato idea io ero lì".
"Io credo - ha affermato l'ex capo dell'OSCE rivolgendosi direttamente a Milosevic all'inizio del controinterrogatorio - che lei volesse una guerra, un piccolo conflitto".

La testimonianza di Shukri Aliu

Nell'udienza odierna è anche proseguita la testimonianza di Shukri Aliu, ex ufficiale dell'unità di controllo sul territorio in Kosovo, sostituito agli inizi degli anni '90 perché kosovaro di etnia albanese.

Shukri ha fornito alcuni elementi importanti per la definizione della catena di comando nella struttura militare e ha chiarito che le varie unità venivano coordinate dal comando centrale di Belgrado
La deposizione proseguirà domani

Miroslav Deronjic a L'Aja

Miroslav Deronjic è stato arrestato ieri dalla S-For ed è stato tradotto nella prigione di Scheveningen, a sette anni dal massacro di Srebrenica in cui sono stati uccisi circa 8.000 uomini e ragazzi musulmani per un fatale 'errore' del contingente olandese.

È accusato di essere uno dei massimi responsabili del massacro di Glogova nella municipalità di Bratunac (Bosnia Erzegovina) e dovrà rispondere davanti al Tribunale Onu per la ex Yugoslavia di crimini contro l'umanità [art. 5 - persecuzione; omicidio] e di crimini di guerra [art. 3 - omicidio; distruzione di città, cittadine e paesi; distruzione di istituti dedicati alla religione; attacco di un villaggio indifeso]


by Valentina Cosimati
pubblicato su RadioRadicale.it
L'Aja, 8 luglio 2002

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